BARCELOMA 192^-1936 L POINTE hKXJMPtUTO DEH/ARCWTETTURA VOLUME I Tesi di dottorato di Antonio Pizza Departamento de Composición de la ETSAB Tutor: Profesor Ignasi Sola Morales Barcelona, Febbraio 1989. LA DISCREZIONE FORMALE E LA SUA "LETTERATURA" D'altro canto sul fronte delle innovazioni linguistiche, la moderazione é quanto acquista sempre più terreno. Un commentatore disincantato e certamente non partigiano dell'architettura moderna, quale C.Martinell, in un resoconto sinottico sulle produzioni più rilevanti degli ultimi 25 anni a Barcelona, deve a malincuore ammettere: "La arquitectura pública barcelonesa no ha dado todavía una muestra típica de la moderna arquitectura funcional. No así las construcciones particulares en las cuales se han producido algunos ejemplos valiosos. El arte barcelonés, tan oaado en otros aspectos, quizá ha pecado en éste de demasiado cauto." All'assenza di una definizione categorica della modernità si corrisponde la diffusione incontrastata di pratiche architettoniche prudenti e poco compromesse; acquista quindi sempre più credibilità l'esplicitazione teorica di un personaggio come P.Benavent che può adeguatamente impersonare l'esponente di rilievo di una modalità raffigurativa congelata, tendente all'osteologia, però intenzionata a trovare per l'architettura un sito appropriato fra le eccelse categorie dell'Arte. Benavent diviene nodo centrale per la comprensione di quest'area cognitiva vasta e plurale, non solo per la mole considerevole di edifici realizzati quanto per il suo impegno culturale e letterario. Le sue opere ponderate, immodificabili nel tempo nonostante il trascorso di un'attività parecchio lunga, testimoniano esemplarmente della volontà di assoluto che traspare dai suoi scritti: anche essi si collocheranno a metà strada fra gli opposti estremismi, in una specie di luogo implosivo capace di annullare le contraddizioni. Cosi, se da un lato si reitera la rampogna contro i linguaggi desueti ed archeologici, snaturando -tuttavia- in un richiamo "etico" quanto in epoche anteriori era apparso come acceso proclama ideologico di parte (vedi Aizpurua ed il suo articolo "¿Cuando habrá arquitectura?"): "Ara fóra potser millor aprofitar d'aquesta calma obligada per a meditar sobre el conjunt d'aquest passat que, irreflexivement potser, voldríem fer reviure, i veure si no ens convindria cent yegades més tapiar-lo amb tot el respecte en els àmbits de l'oblit." C.Martineil, "Veinticinco años de arquitectura barcelonesa 1908-1933", Barcelona Atracción n.263, Barcelona, 1933. 156 155 P.Benavent, "L'arquitectura, avui, a Catalunya", El Matí n.1177, IV-104 dall'altro, si consolida l'esibizione di un pensiero che ricerca nell'Architettura i sommi valori spirituali dell'uomo; perche disciplina liberata da qualsiasi condizionamento normativo ed attiviti di salvazione metafisica, ubicata nel novero delle verità imperscrutabili: "Perqué l'Arquitectura -sense cap adjectiu- no pot ésser obra de l'home esclau de la necessitat de cada dia, sinó, com ha estat sempre, obra de l'home complet i lliure, tens d'altes ambicions espirituals, que és l'únic capat de retornar al treball i a l'obra ben feta la dignitat perduda." "El cult de l'estil arquitectònic és essencialment antiarquitectura, (...) Jo crec que l'únic que té un sentit és fer arquitectura, i que tot allò no són més que receptes per als peresós o els impotents.(...) Ni les ordres de Vignola, ni les ordre d'un Cirpac, per internacional que sigui! L'arquitectura no és res de tot això i està per damunt de tot això.(...) Només arquitectura pura i simple, filla si rnás no, de l'afany que cada hora posa en el nostre esperit immortal." Se modernità e avanguardismo si vanno delineando come scelte di compromesso giammai univoche -oltre ad essere costituzionalmente minoritarie-, si va nondimeno rafforzando quel settore molto esteso fra la pubblica opinione professionale che possiamo denominare approppriatamente quale campo di resistenza ad ogni anelito d'avanguardia. In questo frangente sarà in primo luogo P.Benavent a rafforzare simili posizioni, grazie ad una produzione complessiva coerentemente votata ad una vitale corrispondenza fra scritti e costruzioni. La descrizione di alcuni assiomi fondamentali, costantemente ribaditi dall'autore, ci consente di delucidare le sue convinzioni ideologiche. La professione, per Benavent, é ancora sostanziata da saldi connotati artigianali; infatti la costernazione provata nei confronti delle meccanizzazioni alienanti, bilanciata dalla predilezione per un mestiere dell'architettura tessuto di tradizioni e di metodi costruttivi ereditati dal passato -per quanto filtrati dall'inevitabile modernizzazione-, sostiene un approccio maieutico ed umanista in relazione al "prodotto". Da ciò deriva la valorizzazione dell'apprendistato, delle esperienze di cantiere in prima persona, della capacità antica e riconfermata dell'artefice di trasformare, conoscendola a fondo, la materia del suo lavoro. Nel 1934 Benavent pubblica "Com he de construir", autentico manuale della Barcelona, 4-3-1933. P.Benavent, "La "Maquina de viure" i l'arquitectura", El Matí n.1418, Barcelona, 13-12-1933, P.Benavent, "Arquitectura", Una casa de vivendes econòmiques: Av.GaudT, 56, Barcelona 1932, p.16. IV-105 costruzione farcito di informazioni riguardanti tutte le frange dell'edilizia e che si inoltra in precisazioni molto particolareggiate su questioni anche di piccola scala, come la carpenteria, gli infissi, la pittura, gli impianti della casa, etc. "L'exultació de Taprenetatge significa l'euforia de les virtuts més altes de Thorn i del treballador, la humiltat fecunda, la set viva de perfecció i el noble orgull professional: la revalorado de la feina ben feta; la integració del nostre esforç al llegat del passat i la seva permanència en el futur; la reestructuració de la societat humana en categories d'aptitud i l'aparició de la nova aristocracia de la conducta i del saber." L'obiettivo dell'architettura diventa, dunque, la sublimazione di qualsiasi condizionamento materiale, alla ricerca di una realtà superiore capace di travalicare tutti i limiti spazio-temporali; conferma di un Assoluto spirituale e nobile, in virtù del quale anche il "macchinismo" inumano verrà debellato allorquando la dominante automazione potri essere finalmente rigenerata da istanze aliene ai presupposti materialistici. Il programma culturale di questo architetto si muove intorno al raggiungimento di un livello superiore di ipostasi, in cui i termini possano rivestirsi della dignità delle maiuscole: Uomo, Casa, Architettura. In definitiva, Verità e Parole Piene costellano con precisone un itinerario epistemológico tracciandone al contempo la sua precipua in-attualita; Benavent rappresenta l'essere che volontariamente si colloca al di fuori del tempo, anche se lascia intravedere la malcelata e profetica speranza di situarsi al di là dei tempi. "A còpia d'esquematitzar l'arquitectura, a còpia de despullar les formes primàries d'allò que no és indispensable a l'estabilitat, a l'economia, a la utilitat hem arribat a mutilar també Thome, deixant-lo reduït només als seus aspectes externs, que són els únics que la nostra tècnica pot atendre. I és clar que en aquest pla THome -amb majúscula- desapareix, i no té cap sentit la Casa -també amb majúscula- P.Benavent, "L'honor i l'alegria de l'ofici", 1934, in: Pere Benevent de Barberà, Obres selectes, Barcelona 1973, pag.68. P.Benavent, Arquitectes i Arquitectura, 1936, in: Pere Benavent de Barberà..., cit. pag.88: "La veritable i autentica arquitectura dels nostres temps vindrà quan tot el maquinisme i tota la tècnica siguin plenament assimilats per Thome, quan aquest sigui capaç d'emprar-los sense gairebé posar-hi esment i menys fer-se'n una obsessió com ara esdevé, quan l'home, alliberat de la preocupació constant que li causa aquesta meravella que té entre les mans porugues, torni a sentir la seva ànima burxada de neguitá immaterials. Jo diría que la maturitat d'aquesta arquitectura dels temps moderns no vindrà fins que l'Esperit no oregi de bell nou els homes." 159 IV-106 perquè l'homo aeconomicus de la nostra fantasia es repeteix indefinidament, senze diferències apreciables, uniforme, com fet en sèrie.(...) Jo diria que cal individualitzar aquesta casa, caracterizar-la, fer-la emanació del qui l'habita.(...) Cal retornar a la Casa tota la seva dignitat i tota la seva profunda significació específicament humana.(...) La casa, tal com ara la concebem i bastim, és un temple buit on cal entronitzar de bell nou l'Esperit casolà. Que l'anima no en sigui fugitiva, sinó que hi reposi i s'hi enriqueixi de la millor riquesa. Només així la Casa retrobarà el seu sentit essencial, per a esdevenir, barata o cara, .això és accidental, la Casa Plena de la més noble i forta plenitud." Ma la personalizzazíone dell'architettura propugnata da Benavent, piuttosto che a un folclorismo delle individualità perverrà alla declinazione di un linguaggio pieno, rarefatto, intemporale, che si configura veridicamente come Forma suprema dell'inattualità. Prendiamo due esempi fra i tanti, analoghi per la loro situazione urbana di tipologie d'angolo all'incrocio fra due direzioni stradali: l'edificio di c/Menendez Pelayo - e/de Mateu,1934, [fig.110,111] e lo stabile di c/Ros de Olano c/St. Joaquín, 1933, [fig.112.113]. Soprattutto negli esterni si manifesta cristallinamente questa sorta di vacanza del linguaggio dal suo tempo. La riaffermata staticità dei volumi -quale proprietà basilare della tettonica-, la loro monoliticitá ravvivata dagli spigoli rotondeggianti, i ricorsi orizzontali di laterizi, le finestre leggermente stirate ad ulteriore ratifica delle tendenze alla sedimentazione dell'insieme, i balconi schiacciati sui prospetti -ritrattisi in una figura quasi bidimensionale-, l'assenza di rilievi o di altre notazioni descrittive delle superfici, tutti questi dettagli si rapprendono in un'icona che diventa il riverbero cosciente delle sue asserzioni teoriche. Costruzioni, quelle di Benavent, che si alleggeriscono di ogni artificio estetico, si purificano stereometricamente, si liberano da ogni vincolo decorativo, per esprimere in maniera emblematica la fondamentale, e questa si "eterna", tettonicitá stratigrafica dell'architettura. E' interessante rimarcare come, in queste figurazioni dell'immutabile, i materiali si astraggono dalle proprie peculiarità divenendo indifferenti ad un processo di formalizzazione che li usa davvero "strumentalmente", invalidando qualsiasi eccentricità semantica. E l'ap-. pianamente delle dissonanze materiche sarà ancora frutto di una volontà che potremmo definire "nichilista" nei confronti delle coordinate della realtà esperenziale, tesa al conseguimento di una classicità esente da critiche. P.Benavent, L'arquitecte i l'home inseparables, 1936, in: Pere Benavent de Barberà..., cit., pp. 97-98. IV-107 FlG.110,-111, P.Benewent, edificio iri c/Menendez Pelavo-c/de KatèU, 1934, FIG.ti?.-113, P.Benavent, edificio ¡n c/Ros de Qlano-c/St.Jaaquin, 1933. Effettivamente col trascorrere degli anni lo stereotipo discriminante fra razionalismo ed accademia si va man mano stemperando; se escludiamo tutti i palesi neo-storicismi collocabili al di fuori del gioco di riconversione linguistica che ci interessa, resteranno, da un lato, gli avanguardismi ipotizzabili con le dovute cautele e, dall'altro, il magma indistinto e fluido della mediocritas, nel senso di un apparato di sginificazione essenzialmente mediato. E parliamo di "presunti" avanguardismi, perché ci sembra ormai incontrovertibile come di coerenze stilistiche non si possa parlare per quasi nessun protagonista di questa temperie; mentre invece, a livello di dichiarazioni di principi dovremo constatare l'apparizione di ulteriori rigurgiti radicaleggianti: é il caso della rivista "Art" di Lérida, uscita in 10 numeri dal 1933 al 1934, con un equipe di redazione ridotto ma agguerrissimo e schierato su di una linea antiartística, fra cui annoveriamo la presenza dell'architetto M.Cases i Lamolla, che ivi pubblicherà alcune fotografie del "Xalet a Caldetas" [figg.51,5S] e del "Bar Automatic" (pagg.lll-56 e segg.), più un articolo su questioni di illuminazione contemporanea. jcp Di certo, su questo fronte moderatamente "moderno", sembrano più convincenti realizzazioni quali il "chalet" di D.Reynals a Pedralbes (pagg.III-46 e tipologica che si appoggia segg.), o la stessa casa di Fàbregas a Aiguafreda [figg.114,115,116]: edificio costruito nel rispetto di una rigida distribuzione sull'orientamento Nord-Sud concentrando i servizi e gli spazi secondari sul versante Nord, mentre si apre con delle enormi bucature sul lato sud con il fine di offrire una vista panoramica delle montagne circostanti. Utilizzo di materiali tradizionali, ma configurazione architettonica che sfugge ad ogni cedimento vernacolare, nell'obiettivo di conseguire un'immagine primaria e polita. Tentativi minori però non disprezzabili, sono quelli in cui il bagaglio di intenzionalità si ridimensiona e resta, a garanzia di una dignitosa pratica costruttiva, una corretta disposizione dei pieni e dei vuoti, laddove le Una domanda indiscreta, per ribadire ancora una volta la tesi di fondo di questo scritto, potrebbe esser la seguente: "In che maniera corrisponderà l'opera di questo architetto agli asserti bellicosi e rivoluzionari propagati dalla rivista di cui egli é attivo componente?". La risposta "critica", é data dai suoi risultati architettonici, modesti e comunque accomodanti, a cui rinviamo. IV-108 .í I 'ÌG.1Ì4. r.r,Hïi p;j:'is, "Casa a Aiguafreda", 1934. . . riG.11S.~1K>. f - f a h r e g a s , "Casa a Aiguafreda", 1934, inevitabili assonanze con le soluzioni già sperimentate rievocano il clima di un'epoca. Vedasi perciò la casa realizzata in c/N.stra S.del Coli da M.Niubó [figg.117,118,119,120], -pianta squadrata e ripartita con precisione che si frange nei prospetti tramite un articolarsi di terrazze, verande coperte e bow-windows, alla ricerca di un rapporto preferenziale con il paesaggio sottostante-, o anche la serie di edifici di S.Colmenares in c/Paris [figg.121,122,123], riduzione disincantata di un linguaggio al suo grado zero, a cui si potrebbe chissà contrapporre dialetticamente un intervento di altra levatura, quale quello di S.lllescas in c/Padua (pagg,lll-48 e segg.). IV-109 no.117.- 118. M.Niubd, '" •••••• •-• ' ••'• •• 3e! Coll", ! FIG.119.-1ÍÏO. M.Niubó, "CaíW">. en n. tra K.de! Cou", i«3"î. i. . -i; enar-e», Gruppo di e< FiG.123. S.Colmenares, Gruppo di Rdifici m c/P¿»rr3, »'